Affidiamo alle parole di uno dei più grandi inviati italiani, Bernardo Valli, e di un volontario italiano attivo a Kabul, il ricordo di Raffaele Ciriello, il fotoreporter italiano rimasto ucciso il 13 marzo a Ramallah mentre cercava di “coprire” gli scontri tra palestinesi ed esercito israeliano.
Per informazioni su fotografi e giornalisti che operano in scenari a rischio, consigliamo di consultare il sito di Reporter senza frontiere: http://www.rsfitalia.org.
Il fotoreporter rischia di più. Per catturare le immagini deve andare là dove si trovano. Il fotoreporter indipendente, come era Raffaele Ciriello ucciso ieri a Ramallah, non condivide i rischi con nessuno. Non ha legami protettivi. Invidio i fotoreporter che riassumono in un’immagine una guerra, una rivoluzione, una crisi economica, una calamità naturale, un istante di felicità collettiva. (Bernardo Valli, da “la Repubblica” del 14 marzo 2002) |
La prima volta che è venuto (in Afghanistan, ndr) era parecchio tempo fa: il ’96, mi sembra. Mi è sembrato una persona sensibile, davvero interessata a capire… uno entusiasta del proprio lavoro, che faceva una cosa difficile, ma era davvero felice di farla: un fotografo che cercava di capire le cose, e di raccontarle, senza superficialità. (dall’intervista ad Alberto Cairo, da “la Repubblica” del 14 marzo 2002) |
Per saperne di più: http://www.ciriello.com
1 commento su “La solitudine del fotoreporter”